CHIRURGIA MININVASIVA
L’approccio ortomolecolare del Prof. Adolfo Panfili, unico nel panorama italiano ed europeo, garantisce una preparazione ottimale sia per le grandi che per le piccole chirurgie, consentendo al paziente di affrontare lo stress operatorio con il sistema immunitario protetto e reattivo. Fondamentale in questa ottica ortomolecolare, l’assunzione di supplementi a base di aminoacidi, minerali e vitamine personalizzati in base all’individualità chimica di ciascun paziente.
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Diagnostica
In passato, i limiti della TC e della RM nella valutazione dell’eventuale compressione sulle radici o sul sacco durale, erano dettate dal fatto di essere entrambe eseguite senza carico. Per una valutazione, quindi, più vicina alla realtà può essere talora necessario ricorrere alla RM con Axial Loader. Questa tecnica consente di applicare, durante l’esame RM della colonna lombo-sacrale, un carico assiale; il dispositivo axial loader, utilizzato per la compressione, è costituito da un supporto rigido sul quale è posizionato il paziente che è bloccato superiormente a livello delle spalle. I piedi sono a contatto con la pedana che agisce comprimendo il paziente; la posizione del paziente è, dunque, supina e con gli arti inferiori estesi (senza il supporto per le gambe).
Il carico applicato dalla pedana è impostato dall’operatore e gestito da un computer che mantiene stabile la spinta durante l’indagine; il carico applicato deve essere pari al 65% del peso del paziente, così come indicato dal costruttore dell’apparecchiatura axial loader.
La tecnica d’esame prevede l’acquisizione delle immagini di routine per lo studio RM del rachide lombo-sacrale, più, dopo aver applicato il carico assiale, l’acquisizione di immagini sagittali e assiali T2 pesate (Fast-spin-echo). Si preferisce ripetere le immagini T2 pesate, anzichè le immagini T1, per la loro maggiore risoluzione di contrasto nella valutazione del disco intersomatico. E’ necessario, dopo aver applicato il carico assiale e prima di acquisire le immagini, eseguire una nuova sequenza di centraggio poichè l’applicazione del carico comporta una modificazione della posizione del paziente.
La Chirurgia Percutanea Minivasiva
La chirurgia percutanea mininvasiva per il trattamento dell’ernia del disco senza bisturi ha avuto un netto incremento negli ultimi anni, migliorando notevolmente la qualità di vita dei pazienti e consentendogli dopo l’intervento un rapido recupero della funzionalità e del benessere riducendo il disagio ed aumentando la flessibilità terapeutica.
Pur trattandosi di un vero e proprio intervento chirurgico questo viene eseguito utilizzando particolari strumenti, con l’ausilio del mezzo Rx o TAC guidato ed eventualmente sotto monitoraggio televisivo (video assistito). Con queste modalità vengono introdotti nell’organismo attraverso aghi e qualora necessario tramite piccolissime incisioni tali da non richiedere poi neanche punti d sutura, questo è il motivo per il quale questo tipo di chirurgia viene definita endoscopica-mininvasiva.
Fatta questa premessa è bene fin d’ora intendersi sul fatto che i principi portanti della chirurgia tradizionale debbono essere rispettati anche con questo nuovo modo di operare. Assicuratevi che l’esecutore della tecnica sia un medico specialista in ortopedia con acclarata competenza della colonna vertebrale e diffidate di specialisti di altre branche non attinenti che s’improvvisano “chirurghi mininvasivi per il trattamento dell’ernia del disco”. D’altra parte, la motivazione a tanti progressi nella storia della Medicina è stata l’esigenza di dover dare prospettive terapeutiche nuove ad una pressante domanda sociale; in questo caso, quale migliore servizio se si offre al paziente una buona e soddisfacente operazione chirurgica per il trattamento dell’invalidante ernia discale con il rispetto dell’integrità esterna del suo fisico ed un tempestivo ritorno alle proprie attività quotidiane? I dolori da ernia discale hanno un grandissimo impatto anche sulla redditività sociale tant’è che possono muovere il PIL (Prodotto Interno Lordo) di un buon 1,5%……
L’artroscopia di spalla è stata riconosciuta ed accettata una come tecnica sicura ed efficace nella diagnosi e nella cura di patologie della spalla solo negli ultimi 10-15 anni. I progressi tecnologici nella qualità delle fibre ottiche, nella risoluzione del video e nello strumentario artroscopico, insieme al più approfondito studio degli accessi anatomici, hanno comportato un’evoluzione nell’artroscopia di spalla a partire dalle tecniche diagnostiche fino alle più sofisticate tecniche di trattamento.
Anche in questo tipo di artroscopia i risultati vengono amplificati dell’utilizzo dell’approccio ortomolecolare del Prof.Panfili.
Nel caso di patologie a carico dell’articolazione Acromio-Clavicolare può essere utile una radiografia con inclinazione cefalica di 10° del tubo con il 50% di riduzione dei kilovolts di una normale Rx.
Molto utile risulta essere l’esame ecografico che fornisce informazioni sullo stato della cuffia dei rotatori e sul tendine del Capo Lungo del Bicipite. Nei casi di lesione della cuffia dei rotatori ci si avvale frequentemente dell’Arto Scan un particolare tipo di RMN (Risonanza Magnetica Nucleare), mentre nei casi di instabilità oltre alla RMN può trovare impiego la radiografia con proiezione di Westpoint.
L’anca è una delle articolazioni che supporta il maggiore peso del nostro corpo. Quando funziona correttamente, ci permette di camminare, correre, sedersi, piegarsi e svolgere tutte le normali attività fisiche senza provocare dolore. Un sistema complesso di ossa, cartilagini, muscoli, legamenti e tendini deve lavorare e funzionare in perfetta integrazione ed armonia.
L’anca è un’articolazione sferoidale stabile: la testa sferoidale del femore si inserisce in una cavità emisferica (acetabolo) del bacino. Fasci di tessuto elastici, chiamati legamenti, collegano il femore al bacino formando un involucro (capsula articolare) che contiene l’intera articolazione.
Uno strato di tessuti molli (cartilagini) ricopre la superficie della testa femorale nell’acetabolo, ammortizzando e mantenendo lubrificate le superfici di contatto dell’articolazione, facilitandone il movimento. Le borse, una sorta di sacche piene di liquido, ammortizzano l’area dove i muscoli o i tendini si inseriscono nell’osso. la capsula circostante l’articolazione ha inoltre una membrana sinoviale di rivestimento, che secerne un liquido (sinoviale) lubrificante capace di ridurre ulteriormente l’attrito tra le superfici di contatto.
Un trauma o una malattia possono danneggiare l’anca in diversi modi, producendo fratture o deterioramento dell’osso, infiammazione delle borse o l’usura prematura delle cartilagini, prodromo delle diverse forme di artrosi, di cui le più comuni: osteoartrosi, artrosi reumatoide, artrosi traumatica.
La conformazione articolare dell’anca è molto congruente e necessita di una trazione sull’arto per aprire l’articolazione e rendere possibile l’introduzione di strumenti sotto controllo del fluoroscopio. Nonostante queste difficoltà l’artroscopia dell’anca sta diventando sempre più richiesta anche se è possibile eseguirla solo in pochi centri specializzati che ne seguano l’evoluzione e l’espansione. Sono necessari strumenti artroscopici particolari, su misura e una tecnica consolidata ma come in altre articolazioni può consentire la comprensione ed il trattamento di patologie spesso misconosciute.
L’intervento viene eseguito in anestesia generale o spinale/epidurale con massimo rilassamento muscolare e in regime di Day Hospital. Le indicazioni a sottoporre un paziente a tale intervento comprendono:
- Corpi mobili intrarticolari
- Condromatosi
- Frammenti ossei post-frattura/lussazione
- Lesioni del cercine
- Lesioni cartilaginee
- Infezioni
- Lesioni del l. rotondo
- Sindrome da Impingement Femoro-Acetabolare (FAI)
- Anca dolorosa idiopatica
Queste due ultime patologie sono molto frequenti nei giovani sportivi con una intensa attività fisica (calcio, lotta, arti marziali) e un dimorfismo lieve dell’anca che può essere dovuto ad una alterazione a carico del femore (meccanismo a CAM), più frequente negli uomini, o del labbro acetabolare (meccanismo PINCER) più frequente nelle donne.
L’artroscopia dell’anca è controindicata in presenza di anchilosi, artrosi avanzata, algodistrofia, fratture recenti dell’acetabolo mal ridotte .
Come in tutti gli interventi endoscopici dopo l’operazione vengono applicati 3 o 4 piccoli punti di sutura che vengono rimossi entro 7-8 giorni e la riabilitazione dell’anca è immediata con un carico parziale con l’aiuto di bastoni.
L’approccio ortomolecolare del dott. Adolfo Panfili, unico nel panorama italiano ed europeo, garantisce una preparazione ottimale sia per le grandi che per le piccole chirurgie, consentendo al paziente di affrontare lo stress operatorio con il sistema immunitario protetto e reattivo. Fondamentale in questa ottica ortomolecolare, l’assunzione di supplementi a base di aminoacidi, minerali e vitamine personalizzati in base all’individualità chimica di ciascun paziente.
Sequenza delle fasi operatorie finalizzate all’impianto di una protesi completa dell’articolazione del ginocchio.
L’artrosi colpisce tutti i vertebrati ed è di comune riscontro anche negli animali, è la malattia cronica oggi piu’ frequente, basti pensare che segni di artrosi possono essere riscontrati in circa un terzo delle persone sotto ai 30 anni mentre colpisce quasi la totalità delle persone sopra i 60 anni. Circa il 50% delle persone affette da artrosi lamenta disturbi tali da consultare il proprio medico ed assumere farmaci antinfiammatori.
Con il termine artrosi ci riferiamo a processi degenerativi con rammollimento od erosione delle cartilagini articolari ed interessamento delle strutture circostanti, in particolare l’osso e la membrana sinoviale. La cartilagine e un tessuto elastico che agisce come ammortizzatore d’urto e diminuisce l’attrito tra un osso e l’altro. Nell’artrosi assistiamo ad una progressiva usura della cartilagine con diminuzione del movimento articolare, rigidità ,dolore ed infine deformità.
Solo una minima parte dei soggetti affetti da artrosi necessitano un trattamento chirurgico ed oggi sono disponibili molteplici approcci terapeutici a partire dalle cure fisiche e fisiochinesiterapiche,ai supplementi dietetico alimentari; negli ultimi anni ha inoltre assunto importanza la somministrazione di acido ialuronico per via intrarticolare oltre all’impiego di vari tipi di ortesi atte a modificare il carico articolare.
L’artrosi si sviluppa spesso in assenza di una causa precisa ed in questo caso viene definita “idiopatica”. Quando l’artrosi si instaura a seguito di insulti traumatici ,infezioni, malattie ereditarie,metaboliche od altre condizioni patologiche, viene definita “secondaria”. Tra i fattori di rischio rammentiamo: età, poichè assistiamo purtroppo con l’invecchiamento ad una progressiva usura articolare,il sesso (maggiore rischio nella donna), obesità ed il sovraccarico funzionale che può essere dovuto all’attività lavorativa o sportiva. Occorre inoltre ricordare che pregresse lesioni traumatiche articolari,cosi come l’instabilità articolare soprattutto se associata a meniscectomia e l’ipotonia muscolare possono favorire l’instaurarsi di un quadro artrosico del ginocchio.
Trattamento
In primo luogo è compito del medico l’educazione del paziente, talora è necessaria una modifica delle attività lavorative o sportive, oppure il paziente deve essere indirizzato verso un programma di terapie fisiche e riabilitative con mobilizzazione e rinforzo muscolare,tali semplici cure associate alla diminuzione del peso corporeo possono efficacemente contribuire nella riduzione dei sintomi ed aumentare la residua “vita articolare”.L’adozione di solette plantari e/o ginocchiere sono utili per modificare l’asse di carico diminuendo lo stress della zona usurata.
La terapia farmacologia non dovrebbe essere utilizzata con la disinvoltura con cui spesso è impiegata,ciononostante riveste un ruolo fondamentale nel controllo del dolore nelle fasi iperacute: i farmaci antinfiammatori diminuiscono la sintesi delle prostaglandine e riducono di conseguenza il dolore, dovrebbero essere utilizzati in modo intermittente poichè un loro impiego per periodi prolungati può provocare effetti collaterali importanti.
Il cortisone soprattutto se iniettato a livello intrarticolare è un farmaco pericoloso da utilizzarsi con cautela. Medicinali alternativi quali la cartilagine di squalo, il condroitin-solfato e la glucosamina possono essere impiegati per il trattamento dell’artrosi del ginocchio .
Le elettrostimolazioni (Tens) offrono sovente un temporaneo beneficio in assenza di effetti collaterali; anche l’agopuntura è un trattamento impiegato nel trattamento del dolore e dovrebbe essere indagato più a fondo per dimostrare il meccanismo di azione ed il corretto utilizzo.
Terapie fisiche, caldo/freddo, ultrasuoni, magneto/radar, onde d’urto,possono dare beneficio e non hanno controindicazioni di rilievo.
Infiltrazioni intrarticolari con acido ialuronico si sono rilevate utili sia per diminuire il dolore e la tumefazione articolare che per favorire i processi riparativi nelle lesioni di modesto grado; la cartilagine è infatti costituita dai proteoglicani che vengono precocemente danneggiati dal processo artrosico, anche l’acido ialuronico è un componente del liquido sinoviale e gioca un ruolo fondamentale nella lubrificazione articolare ed il suo livello diminuisce nel processo artrosico.Una nuova strategia per la cura dell’artrosi nelle fasi precoci è la somministrazione di acido ialuronico con elevata viscosità iniettato intrarticolarmente. Recenti studi hanno dimostrato che tali benefici effetti tendono a mantenersi per diversi mesi. Un’altra strategia impiegata recentemente per limitare il sovraccarico articolare è l’utilizzo di particolari ginocchiere che, indossate durante lo sport, diminuiscono il carico articolare nella parte soggetta ad usura (unloading braces). Nuove ricerche hanno dimostrato la capacità di questi tutori di normalizzare il carico articolare in soggetti con anomalie dell’asse articolare (ginocchio varo/valgo).
Movimento, esercizio fisico e controllo del peso corporeo sono infine il sistema più semplice ed alla portata di ognuno per limitare il rischio dell’artrosi, è fondamentale esercitare l’articolazione almeno una volta al giorno privilegiando attività con limitato carico (bicicletta, nuoto, esercizi in palestra). Pochi minuti sono sufficienti a mantenere un buon tono muscolare,la mobilità e flessibilità articolare; l’esercizio non deve procurare dolore o tumefazione articolare ed è necessaria una guida esperta onde evitare attività sbagliate o sovraccarichi. La posizione in cui si dorme (evitare di stare molte ore rannicchiati) e 5 minuti di stretching al risveglio aiuteranno ad affrontare meglio il nuovo giorno.
Trattamento chirurgico
Quando nonostante la prevenzione e le cure mediche e fisiochinesiterapiche i disturbi persistano è necessario pensare alla possibilità di un trattamento chirurgico. Distinguiamo tra i trattamenti chirurgici quelli effettuati in artroscopia: da quelli eseguiti a cielo aperto: i primi comprendono il lavaggio articolare ,la pulizia con shaving cartilagineo ed offrono un beneficio a medio termine con una minima morbilità. Altri trattamenti artroscopici quali la condroplastica, le microfratture od i trapianti di cartilagine richiedono un periodo di scarico articolare ed una attenta e lunga riabilitazione.
Si ricorre alla chirurgia aperta quando sia necessario modificare l’asse articolare con un intervento di osteotomia, oppure quando i danni artrosici siano cosi importanti da richiedere la sostituzione dell’articolazione del ginocchio con una protesi; tale intervento dovrebbe essere considerata “l’ultima spiaggia” poiché nonostante le moderne componenti proteiche dimostrino proprietà meccaniche tali da consentire un buon movimento ed una notevole resistenza all’usura è pur vero che un soggetto relativamente giovane che sollecita molto l’articolazione tenderà ad usurare molto prima la protesi richiedendo così la sostituzione delle stessa, cosa possibile ma non scevra da rischi.
Anatomia del Ginocchio
All’interno del ginocchio due menischi, uno mediale ed uno laterale, funzionano come cuscinetti ammortizzatori facilitando i movimenti e proteggendo l’intera articolazione. Le più comuni lesioni del ginocchio sono proprio quelle a carico dei menischi, due piccole strutture fibrocartilaginee a forma di C poste tra i condili femorali e la tibia. Durante i movimenti i menischi consentono di scaricare il 30-70% del peso gravante sulla cartilagine articolare stabilizzando il ginocchio. La loro forma, leggermente rialzata ai bordi e concava all’interno aumenta inoltre la congruenza delle superfici articolari che formano questa importante articolazione.
Lateralmente entrambi i menischi prendono contatto con la capsula articolare tramite un tessuto connettivo fibroso che prende il nome di paramenisco. Mentre la faccia superiore, leggermente incavata, prende contatto con i condili femorali, quella inferiore, pianeggiante, poggia sulla rispettiva cavità glenoidea della tibia.
I menischi sono formati da cartilagine fibrosa di colore biancastro e particolarmente resistente alle sollecitazioni meccaniche. Il principale componente della cartilagine fibrosa, chiamato collagene di tipo I, si dispone a sua volta lungo fibre circolari in modo da resistere ai carichi esercitati dal femore. Una minima parte di fibre ha invece orientamento radiale e conferisce al menisco una certa resistenza agli strappi longitudinali.
Il menisco mediale o interno assomiglia ad una mezza luna mentre quello laterale o esterno ha un aspetto più circolare, assomiglia di più ad una O. Il menisco laterale copre una maggior porzione della superficie articolare della tibia rispetto al menisco mediale. Ha inoltre una maggiore mobilità .
All’interno del ginocchio i menischi non sono liberi tra le due superfici articolari ma vengono stabilizzati da importanti connessioni. Il legamento trasverso del ginocchio collega infatti tra loro le corna anteriori dei due menischi per poi collegarsi alla rotula. I due menischi prendono inoltre contatto con le fibre dei legamenti crociati anteriore e posteriore accentuando così la loro funzione stabilizzatrice.
Lateralmente i due menischi sono collegati a un fascio fibroso proveniente dalla rispettiva estremità laterale della rotula. Infine delle espansioni dei tendini del muscolo semimembranoso e popliteo si collegano rispettivamente al bordo posteriore del menisco interno ed al bordo posteriore del menisco esterno. Queste ultime connessioni descritte sono importantissime perché danno ai menischi una mobilità attiva e li proteggono da possibili lesione durante i movimenti.
Funzioni del menisco
Un tempo i menischi erano considerati importanti ma non indispensabili e venivano per questo asportati in caso di lesione. Sebbene nel breve periodo questi interventi restituissero rapidamente la funzionalità articolare perduta, alcuni studi successivi dimostrarono una profonda incidenza di artrosi e patologie degenerative nei pazienti che avevano subito questo intervento (meniscectomia).
Oggi le vecchie tecniche sono state quasi completamente sostituite dalla chirurgia artroscopica che nella maggior parte dei casi non rimuove ma sutura la parte di menisco danneggiata. Un susseguirsi di numerosi studi ha infatti chiaramente dimostrato che la conservazione del menisco protegge la cartilagine articolare dai processi degenerativi e che questi sono direttamente proporzionali alla porzione di menisco asportata. Vediamo allora di fare un breve accenno alle numerose funzione dei menischi:
ammortizzano e ripartiscono uniformemente i carichi ad essi applicati
aiutano la cartilagine ad assorbire gli urti
collaborano con i tendini proteggendo l’articolazione dai danni da iperestensione ed iperflessione
aumentano la congruenza dell’articolazione
se sottoposti a carico spingono il liquido sinoviale ricco di nutrienti all’interno della cartilagine articolare
stabilizzano l’intera articolazione
Il menisco è privo di vasi sanguigni fatta eccezione per le sue due estremità . Nei giovani adulti questo apparato vascolare penetra all’interno del menisco mediale per circa il 10-30% della sua lunghezza, mentre in quello laterale la penetrazione è leggermente inferiore (10-25%). Con il passare degli anni si assiste ad una progressiva riduzione dei capillari meniscali. Il nutrimento viene comunque garantito dalla presenza del liquido sinoviale.
Anche le terminazioni nervose meniscali hanno una distribuzione simile a quella vascolare e sono assenti nella porzione centrale. Il loro compito è quello di trasmettere informazioni sulla posizione assunta dall’articolazione.
Al di la di queste finezze è importante ricordare che il menisco è una struttura in buona parte priva di capillari sanguigni. Ne consegue che, fatta eccezione per piccole lesioni periferiche, in caso di un forte trauma le sue capacità riparative se esistono sono estremamente basse.
Artroscopia del ginocchio
L’artroscopia è una tecnica chirurgica che si attua con l’impiego di uno strumento per la trasmissione delle immagini (artroscopio) che viene introdotto all’interno della cavità articolare del ginocchio attraverso delle piccole incisioni. Una telecamera collegata all’artroscopio permetterà allo specialista ortopedico prof Panfili di vedere su di uno schermo con chiarezza ed opportuno ingrandimento le varie strutture interne del ginocchio. Molte patologie del ginocchio possono essere riconosciute e trattate in artroscopia con il beneficio dell’approccio ortomolecolare del Prof.Panfili.
Nell’era della comunicazione anche Lei potrà assistere comodamente rilassata all’evento della sua artroscopia in diretta. All’iinterno del ginocchio verranno visualizzate :
Cartilagine articolare
Legamento crociato anteriore
Menisco interno ed esterno
Danni più frequenti del ginocchio:
I menischi e i legamenti si possono danneggiare a qualsiasi età , con diverse modalità e cause.
Invecchiamento e/o traumi possono causare l’usura delle cartilagini articolari.
Un frammento di cartilagine può talora distaccarsi all’interno dell’articolazione(corpo mobile articolare).L’invecchiamento o un trauma diretto possono danneggiare la cartilagine rotulea, limitando la motilità del ginocchio. Altre volte può verificarsi una irregolare usura della superficie articolare della rotula per alterazioni della meccanica articolare legata ad uno spostamento laterale della rotula(malallineamento rotuleo)
LESIONI MENISCALI:
I menischi sono due strutture fibro-cartilaginee, a forma di semiluna, che si incuneano ad ogni lato del ginocchio (menisco interno e menisco esterno), stabilizzandolo tramite interposizione tra femore e tibia. Queste strutture hanno la funzione di distribuire il carico su superfici più ampie, di proteggere la cartilagine articolare e di stabilizzare l’articolazione
LESIONI LEGAMENTOSE
I legamenti sono dei cordoni fibrosi che garantiscono stabilità al ginocchio. All’interno del ginocchio sono presenti:il legamento crociato anteriore ed il legamento crociato posteriore.
PATOLOGIE DELLE CARTILAGINI:
La cartilagine è un tessuto molto resistente che riveste le superfici articolari rendendole lisce e favorendo lo scorrimento dei capi ossei
PATOLOGIE DELLA ROTULA:
La rotula è un osso del ginocchio che facilita l’azione di leva dei muscoli che muovono l’articolazione.
Trattamenti più comuni
Lesioni meniscali: in funzione del tipo e della estensione del danno meniscale l’ortopedico dr Panfili può asportare la parte lesa del menisco o, più raramente, ripararla con sutura.
Lesioni legamentose: è possibile ricostruire un legamento crociato rotto, al fine di ripristinare una stabilità articolare, mediante la sostituzione del legamento stesso con tessuto tendineo sano e robusto (innesto) prelevato in prossimità del ginocchio.
Patologie delle cartilagini: con opportuni strumenti l’ortopedico può regolarizzare una superficie cartilaginea ruvida. Se un frammento di cartilagine, staccandosi, scopre l’osso sottostante si possono praticare dei fori nell’osso per aumentare l’apporto di sangue e stimolare quindi i processi riparativi.
E’ inoltre possibile asportare un corpo mobile articolare o prelevare un frammento di cartilagine sana per programmare un trapianto della stessa.
Patologie della rotula: per rendere liscia e levigata la superficie articolare, l’ortopedico dr Panfili può regolarizzare la cartilagine al di sotto della rotula. Se esistono problemi di malallineamento della rotula, per via artroscopica si può tagliare il tessuto che la mantiene fuori sede.
L’intervento di artroscopia può essere eseguito in anestesia:loco-regionale (blocco dei nervi sciatico e femorale)spinale e generale.
Trattamento in Artroscopia del polso
L’articolazione del polso consiste dell’articolazione radio-ulnare distale che permette movimenti di rotazione del polso, dell’articolazione radio-carpica che fa articolare carpo e radio e dell’articolazione medio-carpica che fa articolare le due filiere del carpo. Le singole ossa carpali sono articolati tra di loro in modo che il polso è un sistema complesso di più di 10 articolazioni. Queste articolazioni vengono stabilizzate da un complesso sistema di legamenti. Un disco triangolare stabilizza radio ed ulna e fa parte dell’articolazione radio-carpica.
L’artroscopio è una sonda rigida e sottile che contiene un sistema ottico di ingrandimento. Attraverso fibre ottiche l’artroscopio è collegato con uno schermo televisivo. Con questo sistema il chirurgo riesce ad ottenere una ottima visione dell’articolazione praticando solamente delle aperture minime. Solo un ampia apertura chirurgica permetterebbe la stessa visione senza l’utilizzo dell’artroscopio. Il vantaggio dell’artroscopia non è solamente il recupero funzionale più rapido e meno problematico dell’articolazione, ma anche il fatto che il chirurgo, attraverso una visione ingrandita delle parti articolari riesce a valutarle meglio. Da anni si utilizza l’artroscopia con successo nella chirurgia di ginocchio e di spalla. Con la produzione di strumenti più raffinati ultimamente se ne avvantaggia anche la chirurgia del polso.
Maggiormente si procede all’artroscopia del polso in caso di disturbi cronici la cui causa rimane incerta nonostante utilizzo di mezzi diagnostici moderni (risonanza magnetica, tomografia assiale computerizzata, artrografia). Delle volte lesioni cartilaginee e anche legamentose possono essere diagnosticate solamente tramite l’artroscopia. In caso di diagnosi certa come per esempio una lesione del disco triangolare, la lesione può essere valutata meglio ed eventualmente trattata per via artroscopica.
Tecnica operativa
L’intervento viene eseguito in anestesia regionale o in narcosi. Al braccio si applica un laccio emostatico perché si opera con un arto esangue. A livello della faccia dorsale del polso vengono praticate 2-3 piccole incisioni cutanee (0.5cm) attraverso le quali vengono introdotte in articolazione l’artroscopio ed altri strumenti speciali. Le superficie articolari vengono ispezionate sistematicamente e palpate con un piccolo uncino smusso per tastare la loro consistenza. Lesioni cartilaginee e legamentose possono essere diagnosticate in questo modo. Certe lesioni possono essere trattate con strumenti speciali direttamente in artroscopia. Dopo l’intervento si applica un bendaggio elastico. Una mobilizzazione precoce del polso dipende dalla diagnosi e da un’eventuale procedura chirurgica.
Risultati
Dopo una procedura diagnostica il polso può essere usato normalmente dopo ca. tre settimane. In caso di procedure chirurgiche associate questo periodo si prolunga a seconda della diagnosi e della procedura chirurgica.
Rischi e complicanze
Infezioni sono rare, il più delle volte superficiali e possono essere trattate con degli antibiotici. Infezioni profonde sono estremamente rare. Rami nervosi superficiali possono essere lesi. In tale caso può rimanere un piccolo areale cutaneo insensibile e/o formarsi una cicatrice dolente. In casi estremamente rari va resecato il moncone nervoso (neurinoma) dalla cicatrice cutanea. Una lesione dei tendini estensori è molto rara. In tale caso il tendine viene suturato.
L’epicondilite é l’infiammazione dei tendini e di alcuni muscoli dell’avambraccio che s’inseriscono sulla prominenza ossea situata sul versante laterale del gomito (epicondilo vedi figura). Oltre a questa inserzione muscolare sull’epicondilo più frequentemente colpita dal processo infiammatorio, possono essere coinvolte anche altre strutture anatomiche circostanti ( muscolo supinatore breve, nervo interosseo posteriore, legamento anulare ecc.) possono essere l’origine del dolore sul versante laterale del gomito.
I soggetti più colpiti
Non solo i giocatori di tennis soffrono di questa patologia conosciuta per l’appunto come “gomito del tennista” per un’errata esecuzione del gesto atletico o per l’utilizzo di una racchetta con impugnatura e/o accordatura impropria.in quanto possono essere coinvolti anche altri sportivi, come i golfisti ( a causa dell’impatto con il tappetino sul campo pratica), gli schermitori o addirittura i comuni mortali che lavorano al computer.
L’epicondilite tuttavia non è appannaggio solo gli sportivi. Generalmente le persone colpite dalla malattia svolgono attività lavorative che impongono l’uso frequente e prolungato di strumenti come il martello o il cacciavite, strumenti che implicano continui movimenti del polso e del gomito. Il sollevamento ripetitivo di oggetti, non necessariamente pesanti, con la superficie palmare della mano rivolta verso il basso, può scatenare la malattia.
Da non trascurare anche l’eventualità di una lesione diretta su questa regione anatomica che può determinare un trauma con conseguente danno a carico dell’inserzione muscolare e scatenare i fastidiosi sintomi dell’epicondilite. La fascia di età più colpita risulta essere quella tra i 30 e i 50 anni.
Sintomatologia
Dolore localizzato sul versante laterale del gomito, talora irradiato distalmente lungo l’avambraccio;
dolore esacerbato dalle attività lavorative che comportano sforzi eccessivi e reiterati con l’arto superiore. Nei casi più gravi anche la semplice presa o il sollevamento di oggetti leggeri, come ad esempio un piatto può risultare estremamente doloroso;
la zona colpita corrisponde al versante laterale del gomito e che viene denominato epicondilo laterale che risulta dolente alla semplice palpazione;
accentuazione del dolore all’estensione del polso o delle le dita contro resistenza;
in certi casi, quelli più gravi, il dolore insorge anche a riposo limitando ogni movimento del gomito.
Diagnosi
Non sempre facile, specialmente nelle forme cronicizzate, oltre agli esami tradizionali (Rx, Eco, EMG) può risultare utile la RMN, o meglio ancora una ARTRO-RMN SCAN per evidenziare sia le strutture periarticolari che endoarticolari, mettendo in particolare evidenza l’ispessimento dei tessuti del menisco omero-radiale talora compresso dalle strutture articolari adiacenti.
Terapia
Riposo articolare ed astensione completa e/o drastica riduzione delle attività che provocano il dolore in associazione a:
terapia medica antiinfiammatoria (FANS o Cox-2) oppure ciclo di fisioterapia, molto utile la tekarterapia per esempio;
fascia antibrachiale di cuoio elasticizzato da applicare, durante l’attività lavorativa o sportiva, distalmente all’area dolorosa;
tutore notturno di posizione che inglobi gomito e polso per ridurre la tensione dei muscoli epicondiloidei;
infiltrazione con mucopolisaccaridi a basso peso molecolare per migliorare la lubrificazione e diminuire l’infiammazione
esercizi di allungamento o stretching muscolare ed esercizi di potenziamento dei muscoli estensori risultano importanti per prevenire la recidiva della malattia. Il paziente deve però essere avvertito della possibilità, piuttosto comune, di una recidiva della malattia nell’arco di alcune settimane o mesi.
Nei casi gravi, quando il dolore limita l’attività lavorativa, un’infiltrazione locale di cortisone può risolvere completamente il dolore.
Il trattamento chirurgico risulta necessario solo nel caso il dolore persista per lungo tempo (6-12 mesi) nonostante la terapia medica e fisica. Il trattamento chirurgico può essere eseguito in artroscopia cioé penetrando nell’articolazione con piccoli strumenti chirurgici in grado sia di rimuovere il menisco omero-radiale che di disinserire dall’interno dell’articolazione i muscoli epicondilode, associato a volte ad una artrotomia superselettiva.
Il trattamento riabilitativo postoperatorio consiste in un breve periodo di riposo seguito da esercizi di potenziamento muscolare. Il recupero completo di solito richiede 2-3 mesi.
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